
Secondo Wikipedia il Talento è “l’inclinazione naturale di una persona a far bene una certa attività”. Definizione simile la possiamo trovare sul vocabolario della lingua italiana. E anche i media hanno sempre accentuato il fatto che chi raggiunge alti traguardi sportivi sia uno “baciato dalla fortuna”.
Il problema di queste definizioni è che danno alla genetica il potere di decidere se un atleta sarà un vincente o meno, senza dare risalto al fatto che il talento se non correttamente coltivato e aiutato a venir fuori difficilmente riuscirà ad esprimersi.
La scienza ha individuato i geni ACE e ACTN3 come predittivi di maggior talento per quanto riguarda forza e resistenza. Le fibre muscolari invece sono date per un 45% da fattori generici, 40% da fattori ambientali, e un 15% da fattori non ancora del tutto chiari. Quindi la fetta dell’influenza ambientale, come per esempio l’allenamento, è quasi alla pari di quella genetica.
Prima della maturazione sessuale i fattori più importanti per l’individuazione del talento sono: capacità coordinative, cognitivo-percettive, tattico-concettuali, fisiche-condizionali, (Baker, 2003) e qualità psichiche come tenacia, risolutezza, autorganizzazione, passione, impegno e ambizione (Abbot, Collins 2004; Abernethy et al. 2005; Van Rossum 2009).
Io personalmente ritengo che l’influenza ambientale ossia il lavoro, l’allenamento, e l’attitudine al sacrificio siano i fattori che a lungo termine possono anche colmare una lacuna tra un ragazzo maggiormente dotato rispetto a uno che non lo è ma che ha una forte predisposizione all’allenamento e al sacrificio.
Soprattutto in quest’era dove i mezzi e metodi di allenamento hanno raggiunto un livello elevatissimo, non ci si può permettere di tralasciare l’allenamento “Perché tanto ho il talento”, come poteva essere fatto anni fa.
È indubbio che a parità di allenamento, una maggiore predisposizione genetica porta l’atleta a distinguersi degli altri.
Emile Zola disse: “L’artista è nulla senza il talento, ma il talento è nulla senza il lavoro”. Questo è un concetto chiave quando si parla di talento; avere una predisposizione spesso non è sufficiente se poi non viene allenata correttamente.
Il fenomenale Michael Jordan sostiene che: “In molti hanno talento, ma l’abilità richiede un lavoro duro. Molta gente crede che il mio modo di giocare sia stato un dono di Dio, mentre in realtà è soprattutto il frutto di ore di lavoro in palestra”.
Un altro grande dello sport, Carlo Ancelotti, che di campioni ne ha visti tanti ha detto che non ha mai visto nessuno allenarsi come Cristiano Ronaldo. James Rodriguez, uno dei migliori giocatori brasiliani dopo essere stato acquistato dal Real Madrid, dichiarò: “volevo arrivare al campo con grande anticipo per fare bella figura con l’allenatore, quando sono arrivato lì Cristiano Ronaldo si stava già allenando da solo”.
Vi lascio con un’ultima frase, stavolta del grande filosofo Seneca:
“La fortuna non esiste, esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità”.